giovedì 26 settembre 2013

Le ragioni letterarie di Antonio Verri di Nicola Carducci da Apulia

Antonio Verri, un provinciale insofferente

"Parla del tuo paese e sii universale" è un aforisma applicabile, senza enfatizzarlo, al nostro Antonio Verri (1949-1993), il "provinciale" di Caprarica di Lecce.
La "salentinità", oggi un po' troppo proclamata, non gli fa da remora, per i suoi slanci extra fines; essa non è per lui che un privilegiato "punto di vista". Ora che è possibile abbracciare d'un colpo la sua non esigua produzione letteraria, ce ne rendiamo sempre meglio conto. Anzitutto nei supporti ideologici, innervati in complesse esperienze di vita e di cultura. Della sua partecipazione alla sessione 1986 degli "Incontri Poetici Internazionali", svoltasi nel settembre a Yverdon, in Svizzera, per citare l'evento più significativo del suo contatto con esperienze d'oltralpe, ha redatto egli stesso un vivace resoconto in dieci lettere, di alcune delle quali noi qui ci avvarremo per individuare i postulati della sua poetica.
Altro tramite di scavalcamento fra tradizione e sperimentalismo è la presenza di autori di varia nazionalità nei fascicoli della sua rivista Pensionante de' Saraceni, nell'ultimo dei quali (gennaio 1987) compaiono argentini e brasiliani, inglesi e svizzeri, islandesi e scandinavi, oltre agli italiani. Vi si affollano come in un pùllman, diretto verso una "internazionale della poesia". Né va taciuto, al riguardo, un decisivo dato esistenziale: l'esperienza giovanile in una "Germania kafkiana", a Sciaffusa, "a due passi dal Reno"; e qui, da uno spagnolo, compagno di lavoro, ode parlare per la prima volta di Lope de Vega, e legge Hofmannsthal, e dalle conversazioni con alcuni conterranei scopre Antonio De Ferrariis: nozioni e suggestioni che si sedimentano e già fermentano in una "voglia della letteratura".  

L'intero articolo e su:

martedì 17 settembre 2013

Per Antonio Verri tra Carosino e Taranto

Seconda edizione di "Parlate di Luce. Rassegna di Poesia Abitata"
dedicata ad Antonio Verri 19. 20. 21. 22 settembre 2013

La locandina di Parlate di luce

Dopo la stimolante apertura con il workshop del prof. Livio Sossi "Abitare la scrittura", la Rassegna di poesia abitata ideata da Biagio Lieti torna dal 19 al 22 settembre tra Taranto e Carosino. Giunta alla sua seconda edizione, Parlate di Luce è quest'anno dedicata ad Antonio Verri e ospita personalità del calibro di Franco Arminio, Rossella Tempesta, Antoine Cassar, Elisabetta Liguori, Daniele Di Maglie, Mauro Marino, Fabio Moliterni, Rossano Astremo, Simone Giorgino, Orodè Deoro, Azzurra Cecchini e Oh Petroleum.

Il workshop del prof. Livio Sossi sulla scrittura per ragazzi "Abitare la scrittura" ha introdotto il 6 e 7 settembre scorso la seconda edizione di "Parlate di Luce. Rassegna di Poesia Abitata". Nello scenario del Palazzo Ducale di Carosino, la due giorni si è chiusa con la lettura libera dei testi prodotti durante le giornate di lavoro e un dibattito con i partecipanti al corso e i poeti di "Cieli Bambini. Antologia della poesia italiana contemporanea per ragazzi" (Secop, 2012).

L'apertura della rassegna è prevista per giovedì 19 settembre: nella mattinata partiranno i laboratori per gli studenti dell'Istituto “Comprensivo A. Moro” curati da Lucia Frascella, Melania Longo e Alessandra Guttagliere, che continueranno fino a sabato 21 settembre. Nel pomeriggio il pubblico è invitato a radunarsi alle ore 17,30 presso il Palazzo Ducale di Carosino, per una passeggiata per il centro storico del paese che permetterà di immergersi in una vera e propria azione cittadina poetico-visiva, con le installazioni "La resa alla Poesia" e "Omaggio al fantasma" di Alessandra Guttagliere, la video-istallazione "Forte Laclos" di Gianluca Marinelli, "Incontro con Angela" installazione per 10 testi e due generazioni di Gioia Perrone e la poeta nomade Maira Marzioni che con la sua "estensione cardiaca", la macchina da scrivere, si farà praticante di doni e attenzione attraverso la poesia. Presenze e stimoli che resteranno fruibili per tutta la durata della rassegna da balconi, abitazioni e strade.

Venerdì 20 settembre si entrerà nel cuore della Rassegna, presso il Cantiere Maggese nel borgo antico di Taranto, con la tavola rotonda "Il fabbricante di Armonia" che, in occasione del ventennale della sua scomparsa, metterà al centro della parola Antonio Verri, poeta e instancabile animatore culturale. Ad approfondire l'opera e la vita del poeta, la presentazione dei libri "Con gli occhi al cielo aspetto la neve" di Rossano Astremo (Manni, 2013) e "Antonio L. Verri. Il Mondo dentro un libro" di Simone Giorgino (Lupo, 2013). All'incontro, reso possibile anche grazie alla collaborazione della Cooperativa Carisma, interverranno oltre ai due autori, anche Lorenzo Madaro, Mauro Marino e Fabio Moliterni. Chiuderà la serata tarantina, la performance per voce e pittura di Simone Giorgino e Orodè Deoro.

La serata del 21 settembre rappresenta una delle novità di questa edizione: voci solo femminili realizzeranno un reading di propri testi in uno dei teatri spontanei di Carosino, Largo Dante Alighieri. Gioia Perrone accoglierà Elisabetta Liguori, per poi passare il testimone a Rossella Tempesta per un reading tratto da "Nuovi poeti italiani n. 6" (Einaudi, 2012). Durante la serata Azzurra Cecchini realizzerà delle immagini ispirandosi alle letture. Chiuderà il cantautore Daniele Di Maglie, con parole e musica.

Domenica 22 settembre la manifestazione si terrà presso il Sagrato della Chiesa di San Francesco, sempre a Carosino. Marco Inguscio aprirà la serata al poeta maltese Antoine Cassar, per disegnare un mosaico di lingue, oltre che di parole. Mentre Azzurra Cecchini testimonierà anche questa serata con i suoi disegni, Franco Arminio concluderà i reading con le attese letture dal suo ultimo libro "La punta del cuore". Il concerto di Oh Petroleum sarà l'ultima delle voci dell'edizione 2013 di Parlate di Luce.

Questa seconda edizione segna un importante punto di svolta nell'identità della Rassegna: pur mantenendo lo stesso curatore e la medesima qualità del programma, vede nei singoli abitanti e nelle associazioni presenti sul territorio (genuinamente indipendenti) i principali sostenitori della manifestazione. Sono loro ad assumersi la responsabilità della riuscita dell'evento, organizzando i luoghi che ospiteranno gli incontri ed ogni aspetto del tessuto urbano coinvolto, ospitando poeti e artisti o le loro opere nelle loro case, cucinando. Anche la sostenibilità economica della rassegna ha avuto uno straordinario contributo "dal basso": la sua realizzazione è, infatti, possibile grazie agli sforzi dell'Associazione Lab Lib, promotrice dell'iniziativa, e all'impegno concreto di singoli cittadini e aziende locali, che hanno offerto i loro servizi e partecipato alla campagna di finanziamento diffuso, che si è aggiunta al finanziamento ottenuto da Regione Puglia e da Puglia Promozione attraverso il PO FESR 2007-2013 azione 4.1.2 "Investiamo sul vostro futuro".

Violazioni in marasma. Per Francesco Saverio Dòdaro

Performance per voci corpi suoni poesia e visualità
di Francesco Aprile, Giuliano Ingrosso, Teresa Lutri
agosto-settembre 2013

Fondo Verri, Lecce, 11 settembre 2013
Francesco Aprile (reading, poesia verbo-visiva)
Giuliano Ingrosso (suoni, reading)
Teresa Lutri (reading, mime corporel)
Marco Monaco (suoni)
Quentin Yvinec (mime corporel)

Cut-up liberamente tratto dai testi e dalla ricerca di Francesco Saverio Dòdaro



Pronto? Pronto, sì. Quest'estate l'acqua ha irrigato i tuoi boschi di vetro.
Quest'estate le rose sono nere.
Quest'estate io parto.
Pronto? Pronto? Pronto? Pronto?
Oh, miei cari, io, io parto. Parto. Vado nell'Osthrakien. Parto. Vado a gettare nel cielo, alla mia innamorata, la freccia d'acero accesa.
Mia cara, raggiungerò il tuo cuore. Alla decima ora, di uno di questi impossibili millenni.
Cessato  allarme.
Marasma.
Matà
    Matà
        Matà
Ma…tà
Cessato  allarme. Il bombardamento è  finito.
Un giorno qualsiasi, di un anno qualsiasi, su uno scafo qualsiasi. Dal silenzio di quattromila anni, nel grande oceano negativo, piangendo.
Ora bisogna contare i morti.
Recuperare i vivi, sepolti.
La strada, ciò che ne è rimasto, si popola di spettri. Pallidi. Silenziosi. Lenti. Non un urlo, un grido, un pianto.
Qui la morte è come il sole, la luna, il mattino, la sera.
Ospedale psichiatrico. Il viale. Non è proprio un viale, ma lo chiamano così. Tre pini rinsecchiti, un cespuglio di oleandri, senza fiori.
A destra
                il padiglione uomini,
a sinistra
                il padiglione donne.
Padiglione, sa tanto di Fiera del Levante.
Ma sì,
           fiera dell'altro mondo. Dell'angoscia. Della disperazione.
Si vende, si sente, si offre di tutto.
"Mi dai mille lire. Mi dai mille lire. Mi dai mille lire".
                                                                                             Mi sta perseguitando.
Ha una giacca che sembra un cappotto. I pantaloni che lasciano vedere le calze, rosse. Sono più corti di almeno venti centimetri.
Gli do mille lire. Sghignazza, sorride, va via.
Scende il silenzio. Mi guardo attorno. Tutto è squallido.
Sembra una scena da Dopo il bombardamento. Voglio denunciare. Mi sento rivoluzionario. Il silenzio è rotto da un urlo, feroce, penoso, lacerante: "Mamma".
Mamma
               Mamma
Mamma
Mam…ma
E le possibili rivolte.
I riflettori illuminano la scena. I personaggi. Sento le urla. Il mio cuore s'oscura.
Risento l'eco: "Non rinuncio alle aspirazioni di bambino".
E penso ai ragazzi. Alla loro purezza.
A chi allatta ancora il proprio puer. Il proprio angelo.
Gli angeli si cercano.
Il sessantotto è fallito. L'immaginazione è fallita.
Voglio tornare al grande vecchio. Al brivido della sua ombra, incontrare i sognatori. La poesia.
Il puer. Ancora la poesia.
Anni sessanta-settanta.
                                           Erano gli anni di piombo.
E della controcultura:
                                       chi pubblicava con editori era un reazionario.
La poesia, manoscritta o ciclostilata, si veicolava o per posta, alla californiana, o per strada: nelle piazze, all'ingresso delle università, dei licei. A volte nelle aule, interrompendo la lezione. Volantinaggio poetico, incursioni semiologiche.
Gli scontri erano frequenti.
Le mazze, le manganellate lasciavano segni.
                                                                               Al sangue, all'osso.
I miei sono stati devastanti. Trent'anni di sofferenze. E di interrogativi.
Chi sono? Passo lunghi periodi senza memoria, senza passato: senz'anima.
Mi guardo allo specchio: a sinistra il cranio, lucido, con una lunga cicatrice, mal cucita; a destra, ciuffi di capelli, qua e là. Mi faccio schifo.
Ma chi sei? "Un poeta che ha amato, che ama la poesia", dice la psichiatra.
Ed io ripeto: "Un poeta che ha amato, che ama la poesia".
Nei momenti di lucidità penso che essere stato sempre in prima linea per affermare la priorità dell'afflato, che aver dato il mio cranio alla poesia, sia stato bello, magico.
Come dare a un bambino, sul prato, il vento, e una girandola. O una carezza.
Come respirare il profumo del grano, quando è verde.
Come vedere sulle Murge, gli alberi in fiore.
Come ricordare il tempo materno. Riascoltare i silenzi. E la voce. Il canto.
La madre, la madre il canto, le Murge in fiore. Fichi e freddo.
Pastore. Vastar. Vastra. Vasto. Vastità. Il re della Murgia.
Un secchio di resti per il cane. Povero cane.
Il re della Murgia. La castigata per cavallo.
Lana morbida e calda calda calda. Calda.
Le mani fredde. Le mani calde.
Le mani gelate. Tante mani gelate.
L'occhiello è al metano. Il catenaccio chiude l'angoscia.


La ricetta la mmane, a maggio.
Il boccone del re: un fiorone svuotato, poi riempito di latte, ed è subito quaglio.
Il boccone del re. Ed è subito sera.
Domani, a sera, bombarderemo la città.
Vendita promozionale. Un camion di soldati morti.
Vendita promozionale. I gelsomini della Murgia.
Le mimose del Serrone. Le stelle, della notte di natale.
Bombarderemo la città.
L'Adriatico s'incendia.
Le rose dell'Adriatico.
Dalle macerie una mano parla. Un cumulo di pietre. Sette piani di pietre.
Una mano che sfiora e poi parla.
La pelle chiarissima. Le unghie bellissime. Le dita bellissime.
La vena sussurra l'amore.
Il tepore di una notte di luna e il silenzio segna l'historia.
Bombarderemo la città.
Ventuno esplosioni.
                                   Ventuno navi.
                                                            Ventuno paure.
                                                                                        Ventuno lune.
                                                                                                                 Ventuno morti.
Ventuno nascite.
                               Ventuno singhiozzi.
                                                                   Ventuno solitudini.
E proteste e fantasmi e voci e urla.
Ventuno rose per te. Il tepore di una notte di luna. Il silenzio. I gelsomini della Murgia.
Il castello, la piazza. I profumi della Murgia. La pagina inchiostrata dalla rosa.
rosa rosa rosa
Non può più contenere la disperata disperazione del segno poetico.
Sono illeggibili l'occhio.
Il corpo.
Ma non le labbra di Man Ray.
Nè il suo cielo.
Nè l'infinita infinitudine della sua dolcezza.
ttutto sugli schermi. ttutto.
poi l'eco.
ttutto
           ttutto
                      ttutto
ttut...to

Le risonanze buie del sonno. Imposto. E tutto il malessere. A venire.
Tutto.
Tutto.
Tutto.
Ho voluto capire il tradimento.
Ho parlato con medici, infermieri, parenti.
Ho rovistato cassetti, depositi. Ho smembrato ricordi, coscienze.
Ho interrogato schede, archivi, carte.
Poi ho scritto sulla parete della mia stanza, dal pavimento al soffitto: "Vigliacchi".
L'ho scritto con il verde.
Un mio amico newyorkese, poeta di frontiera, è rimasto stravolto da quella scritta, pur non conoscendo le spinte che l'hanno prodotta.
Ha detto che è il più bel segno di poesia concreta  mai visto. Violento. totale.
Vigliacchi.
A quanta gente è indirizzato quel plurale! Vigliacchi. Vigliacchi!
La stanza era squallida. Dipinta di verde.
Dieci sedie sgangherate.
Un vecchio televisore per le videocassette rock: cinema alternativo. 
Fogli sessantottini, ingialliti. Poesia ciclostilata. Poesia minima.
Qualche altro inchiostro.
Sguardi impietriti. Il pallore dei volti mi ricorda i sanatori di una volta.
Sono attratto da un femminile di età indefinibile. Lineamenti aristocratici. Triste.
Gli occhi hanno una profondità galattica. Cerco di raggiungerli. "Da dove vengono, da dove vieni. Tu, devi essere nata il 10 agosto".
Cumuli di lontananze lungo i suoi gesti, ad accarezzare.
Lungo i Navigli la sera scivolava sulle cose.
Tutto era lento, afono.
La rosa nascosta di Missoni profumava delicatamente la nebbia.
L'ora era ferma sull'oblio.
Addio, pagine, parole amate, gesti ammassati nei depositi, sguardi, primi piani di pelle solcata dal rimmel, di pallore, pallore di cipria.
Primi piani di polvere, di rughe della memoria, dell'anima.
Primi piani di pizzi, di sete, di neri, d'incanti.
Primi piani di rose dischiuse, di petali, di grazia, d'infinita dolcezza, di mari, d'oceani.
Notte delle lune d'acciaio, delle partenze, delle fughe, dell'aquilone smarrito.
Notte dei latrati, delle paure.
Notte della solitaria solitudine.
Notte delle stelle, del Carro, dell'Orsa.
Notte dei treni, delle stazioni, della sete.
Notte dell'antica pietra, della soglia.
Notte della notte.
Primi piani di rose dischiuse.
Di pizzi, di sete, di neri, d'incanti, d'abbracci, di carezze, di baci, di baci, di baci...di baci.
Le lontananze accarezzavano i suoi gesti.
Lungo i Navigli la sera scivolava sulle cose.
Tutto era lento, afono.
Una sirena, d'improvviso, sconvolse la quiete.
La nebbia si diradò scoprendo sui muri labbra, rossi, sete, case e la Scala, il Coro, la Banda, le luci del vecchio canale.
Primi piani di polvere, di rughe della memoria, dell'anima.
Primi piani di pizzi, di sete, di neri, d'incanti.
Primi piani di rose dischiuse, di petali, di grazia, d'infinita dolcezza, di mari, d'oceani.
Notte delle lune d'acciaio, delle partenze, delle fughe, dell'aquilone smarrito.
Sono attratto da un femminile di età indefinibile. Lineamenti aristocratici. Triste.
Gli occhi hanno una profondità galattica. Cerco di raggiungerli. "Da dove vengono, da dove vieni. Tu, devi essere nata il 10 agosto".
Cumuli di lontananze lungo i suoi gesti, ad accarezzare.
Pronto? Pronto? Pronto?
Lo scirocco soffia sulla malinconia, e sulla pagina violata.
Il giorno più bello della mia vita.
Il profumo della campagna. Il grande camino, ed il corpo bianco, delicato. Profondo: sino all'anima. La casa dell'anima. Tra i ruscelli della morte e le dolci sorgenti del lutto.
Il rumore degli occhi. Quante cose scivolano sulle pieghe clandestine.
Il galletto gira, gira, gira. Lo scirocco soffia sulla malinconia.
Pronto? Pronto?
Pronto? Pronto, sì. Quest'estate l'acqua ha irrigato i tuoi boschi di vetro.
Quest'estate le rose sono nere.
Quest'estate io parto.
Pronto? Pronto? Pronto? Pronto?
Oh, miei cari, io, io parto. Parto. Vado nell'Osthrakien. Parto. Vado a gettare nel cielo, alla mia innamorata, la freccia d'acero accesa.
Mia cara, raggiungerò il tuo cuore. Alla decima ora, di uno di questi impossibili millenni.
Senza chiedere in conto la notte alla solitudine.
Non si interroga la solitudine, la mancanza.
La mia adolescenza è stata musicata dai fischi dei treni, incipit di spartiti mai ultimati.
Le rotaie erano i miei pentagrammi.
Sui pennacchi di fumo delle locomotive scrivevo le parole e lo swing della protesta.
Poi, ho cercato di capire le rughe della sofferenza, della malinconia, il lutto di un adolescente.
Ho interrogato i frammenti platonici.
Ma non c'è l'amore per tutto questo?
Ma non c'è l'amore per tutto questo?
Da sessant'anni m'interrogo. Ma non si chiede alla notte il conto delle solitudini. Delle mancanze.
Pronto? Pronto?
Pronto? Pronto, sì. Quest'estate l'acqua ha irrigato i tuoi boschi di vetro.
Quest'estate le rose sono nere.
Quest'estate io parto.
Pronto? Pronto? Pronto? Pronto?
Oh, miei cari, io, io parto. Parto. Vado nell'Osthrakien. Parto. Vado a gettare nel cielo, alla mia innamorata, la freccia d'acero accesa.
A chi ha voluto l’ammantatura rosa, come missoni.
Il fiore rosa, come missoni.
E la stanza rosa.
A chi ha voluto che curassi la sua malanza con una rosa.
Ho tinto la strada di rosa
Il mare di rosa
Il cielo di rosa
E la pagina, di rosa
Rosa antico
Chiaro
Chiarissimo
Bianco
Bianco memoria
Memoria di rosa
Pronto? Pronto?
Pronto? Pronto, sì. Quest'estate l'acqua ha irrigato i tuoi boschi di vetro.
Quest'estate le rose sono nere.
Quest'estate io parto.
Pronto? Pronto? Pronto? Pronto?
Oh, miei cari, io, io parto. Parto. Vado nell'Osthrakien. Parto. Vado a gettare nel cielo, alla mia innamorata, la freccia d'acero accesa.
Mia cara, raggiungerò il tuo cuore. Alla decima ora, di uno di questi impossibili millenni.
Quando il sole s’imbuca nella sera, ogni parete, ogni muro diventa quaderno per le lontananze.
S’incanta. S’incontra: ombre, respiri, voci.
Mia cara, raggiungerò il tuo cuore. Alla decima ora, di uno di questi impossibili millenni.
In quella prima decade di maggio.
Quando la rugiada bagna le prime rose
un giorno qualsiasi di un anno qualsiasi
alla decima ora, di uno di questi impossibili millenni.

Testi utilizzati:
Sconcetti di luna, in «Compact Type. Nuova Narrativa», Edizioni Pensionante de’ Saraceni, Caprarica di Lecce 1990
Tracce di un discorso amoroso, in «Diapoesitive. Scritture per gli schermi», Edizioni Pensionante de’ Saraceni, Caprarica di Lecce 1990
Reparto “P”, in «Pieghe narrative», Conte Editore, Lecce 2001
All’ombra del grande vecchio, in «Pieghe narrative», Conte Editore, Lecce 2001
I colombi della clausura, in «Pieghe narrative», Conte Editore, Lecce 2001
Vento, vento, in «Pieghe narrative», Conte Editore, Lecce 2001
Rosa virginale, in «Pieghe poetiche», Conte Editore, Lecce 2001
L’addio alle scene, in «L’addio alle scene», Argo, Lecce 1996
Vukovar. 26 ottobre, in «L’addio alle scene», Argo, Lecce 1996
Giornalista d’assalto, in «L’addio alle scene», Argo, Lecce 1996
La stanza dipinta di verde, in «L’addio alle scene», Argo, Lecce 1996
Il buco nero, in «L’addio alle scene», Argo, Lecce 1996
Cadono le ultime mimose, in «L’addio alle scene», Argo, Lecce 1996
Navigli, in «Mail Fiction. Free Lances», Edizioni Pensionante de’ Saraceni, Lecce 1991
Uscita in marasma, in «Carte letterarie», Edizioni Astragali-Eufonia Multimedia, Lecce 2009
Riflessioni. Per Ugo Carrega, in «Disperate del XX secolo», Il Laboratorio, Galatina 1989
Dichiarazione d’innocenza, in «Locandine letterarie», Il Raggio Verde, Lecce 2005
dis/adriatico, in «Spagine. Scrittura infinita», Edizioni Dopopensionante, Galatina 1991